Era una mattina buia, fredda e piovosa quando lasciai la Finlandia, il paese che era stato la mia casa per dieci lunghi anni.
Dopo aver vissuto nell’estremo nord del mondo, decisi di ritornare in Italia. Mi trasferii in Finlandia nell’Agosto del 2009 per iniziare un dottorato di ricerca in biochimica all’Università di Helsinki. Dopo aver ottenuto un Master in scienze biologiche, pensai che proseguire con un dottorato di ricerca e avere un’esperienza lavorativa all’estero fosse fisiologico per diventare una vera scienziata. E cosí fu, feci le valigie e lasciai la mia città natale, Roma, per Helsinki, una città di cui non sapevo nulla, tranne che si trovava lontano in un paese chiamato Finlandia.
Avevo sogni meravigliosi e grandi aspettative. Ero piena di speranza ma allo stesso tempo spaventata dall’ignoto davanti a me. Come sarebbe stato il mio futuro laboratorio di ricerca? I miei colleghi sarebbero stati carini con me? Mi sarebbe piaciuto vivere in Finlandia?
Non appena arrivata, la vita a Helsinki divenne tutto tranne che facile. Durante la ricerca di un alloggio, affittai una stanza in un appartamento da condividere con una donna Finlandese, proprietaria della casa. Le cose non iniziarono bene. La padrona di casa non voleva che usassi il suo indirizzo per registrare la mia residenza al comune di Helsinki perché non stava dichiarando al governo Finlandese alcun coinquilino e il conseguente affitto mensile. Ciò rese tutto molto più complicato già al mio arrivo, ma per fortuna, dopo tre mesi, trovai un nuovo posto da condividere con una ragazza Finlandese molto simpatica e sempre di grande aiuto.
Col passare di giorni e mesi, due parole descrissero perfettamente la mia vita in Finlandia: shock culturale. Un enorme shock culturale! Noi Italiani siamo persone socievoli, amichevoli e anche un pochino chiacchierone; non ci spaventa una breve chiacchierata alla fermata dell’autobus o al supermercato con una persona a noi sconosciuta. Credo questo sia molto importante per creare un senso di appartenenza e comunità che renda la tua vita quotidiana migliore. Al contrario, i Finlandesi appaiono molto silenziosi, riservati e persino a prima vista non accoglienti. Molti di loro non ti salutano, anche se li incontri quotidianamente a lavoro o nell’androne del palazzo. A mensa o sull’autobus, si siederanno vicino a te solo se non c’è nessun’altra opzione, poiché la prima scelta sarà sempre un posto dove nessun´altro è seduto nelle vicinanze. Una differenza sorprendente rispetto alla mia vita italiana! La stessa lingua Finlandese divenne una barriera contro la mia integrazione. Il Finlandese è una delle lingue più difficili al mondo e possono servire facilmente molti anni per impararlo a un buon livello. Frequentavo diversi corsi di lingua, ma la mancanza di pratica rese tutto molto difficile; infatti, la gente locale parlava spesso Finlandese, nonostante io fossi lì con loro, facendomi sentire ancora più esclusa. Questi erano tutti motivi che resero fare amicizia con i Finlandesi un compito insormontabile.
I primi anni furono davvero molto difficili. Sebbene avessi il sostegno della mia coinquilina a casa e della mia collega in laboratorio, mi sentivo ancora sola e isolata, sia a lavoro che fuori, nella vita di tutti i giorni. Trascorrevo la maggior parte del mio tempo a lavoro, compresi i fine settimana, facendo esperimenti e frequentando vari corsi di studio. Dopo alcuni anni, grazie principalmente ai corsi che frequentavo, riuscii finalmente a crearmi una mia piccola comunità della quale sentirmi parte. Questa era fatta per lo più di studenti stranieri come me, anch’essi alle prese con l’isolamento e l’esclusione dalla società Finlandese; queste persone divennero il mio sostegno e mi permisero finalmente di passare un pó di tempo lontano dal lavoro.
I Finlandesi appaiono molto silenziosi, riservati e persino a prima vista non accoglienti. Molti di loro non ti salutano, anche se li incontri quotidianamente a lavoro o nell’androne del palazzo.
Sebbene il lavoro stesse ancora occupando la maggior parte del mio tempo, avevo ora maggiori impegni al di fuori di esso. Incontravo regolarmente i miei amici. Amo molto cucinare e questa divenne la scusa perfetta per invitarli per un piatto di lasagna e tiramisù. Io e i miei amici facemmo anche alcuni piccoli viaggi in Finlandia, per conoscere un po ’di più questa terra sconosciuta. La Finlandia è uno dei paesi geograficamente più remoti al mondo. Ha un terreno altamente boscoso ed è nota come “la terra dei mille laghi” in quanto è “macchiata” da 188.000 chiazze d’acqua. Il clima è piuttosto rigido essendo l’inverno la stagione più lunga in Finlandia. Le notti sono fredde, buie e infinite; per mesi non si vede il sole e questo impatta negativamente il benessere mentale. I tre mesi estivi sono piuttosto belli anche se personalmente ho sempre sofferto il costante splendere del sole in quel periodo.
Con il passare degli anni, mi ritrovai a essere molto contenta della mia vita quotidiana. Per la prima volta stavo vivendo da sola, ero una donna completamente indipendente. Avevo il mio appartamento e lo adoravo. Sebbene il lavoro fosse ancora molto difficile e impegnativo, mi piaceva lo stile di vita che stavo avendo ad Helsinki quando non ero a lavoro. La tranquillità dovuta alla popolazione ovviamente più piccola rispetto alla mia città natale; i servizi tutto sommato funzionanti come i trasporti che a Roma sono degli incubi ben noti; la pulizia della città contrapposta ai dintorni sporchi della mia città nativa. Essendo un´introversa, mi sembrò il posto perfetto per vivere, dove le persone non ti parlano molto, pensano ai fatti loro e tu fai lo stesso. Ero circondata da molta natura, potevo andare ovunque in bicicletta e la città era per lo più sicura a qualunque ora del giorno. Il passato storico di Helsinki era inesistente rispetto alla mia millenaria Roma, e anche l’offerta culinaria era estremamente scarsa, ma ciò non mi dava troppo fastidio. E questo fu quando ricordo mi dissi: forse potrei vivere qui per sempre!
Intorno al 2016 il mio progetto di ricerca, che fin dal primo giorno mi diede solo problemi e pochissimi buoni risultati, prese finalmente una svolta e alcuni dati interessanti iniziarono ad arrivare. Nonostante il mio lavoro fosse ancora molto impegnativo e impattasse profondamente la mia salute mentale, mi sentivo piuttosto bene con la mia vita fuori dal lavoro. Ma allora, perché nel retro della mia mente spesso pensavo che mi mancasse qualcosa? Perché non sentivo questa città e la sua gente come mia? Perché iniziai a desiderare di voler partire?
La barriera linguistica continuava a essere uno dei motivi principali; sebbene la mia conoscenza del Finlandese mi permettesse d´impegnarmi in normali attività quotidiane, non ero ancora in grado ma soprattutto, non avevo la fiducia necessaria per avviare conversazioni più complicate. La confidenza nelle mie capacità linguistiche veniva spesso scalfita dai Finlandesi stessi che continuavano a essere ancora estremamente chiusi e scettici, seppur avevo vissuto lì per anni; come straniera, non mi sentii mai realmente accolta e pienamente integrata. È veramente un paradosso che la Finlandia sia stata nominata la nazione più felice del mondo per tre anni consecutivi; la qualità della vita e una forte sicurezza sociale da parte del governo sembrano essere sufficienti, nonostante i Finlandesi abbiano pesanti problemi con l’alcolismo, il gioco d’azzardo e malattie mentali. Penso che parte del loro atteggiamento sia dovuto al fatto che la Finlandia risulta essere uno dei paesi più razzisti nell’UE. Nei dieci anni vissuti lì, non sono stata vittima di episodi di razzismo, ma le microaggressioni a sfondo razziale erano molto comuni, anche in campus. Inoltre, l´assenza di un senso di comunità al lavoro influenzava negativamente il mio benessere generale, sollevando ancora più dubbi su quelle poche certezze che avevo.
Il 2019 fu l’ultima goccia per me. Successivamente ad una promessa di lavoro, un supervisore in campus mi usò per motivi personali, danneggiando il mio lavoro e, soprattutto, la mia salute. Furono mesi estremamente difficili per me. A causa delle sue azioni, non riuscii ad andare in campus per mesi, iniziai a prendere farmaci e cercai aiuto tramite psicoterapia. In aggiunta, la mia ex università gestii il tutto in modo insoddisfacente, mandando in frantumi la mia fiducia in un’istituzione che ritenevo giusta e imparziale.
Gli dissi: “La mia vicina di casa ha settant’anni e mi chiede ogni giorno se io e la mia famiglia abbiamo bisogno di qualcosa. Succederebbe in Finlandia?”. Lui rispose, “Probabilmente no”.
Lasciai la Finlandia per la prima volta ad Agosto e tornai di nuovo a Dicembre per la discussione della mia tesi di dottorato. A essere proprio sincera, lasciare la Finlandia per sempre sembrò un sollievo! Ho sempre creduto che è nei momenti più difficili della vita che si vede la vera natura delle persone; e i Finlandesi intorno a me confermarono questa mia teoria mostrandomi la loro realtà durante il mio periodo più difficile. L’onestà, una caratteristica che pensavo fosse esclusiva del popolo Finlandese, si rivelò essere un comportamento di facciata. A mia sorpresa, e molto tristemente, capii che un Finlandese sarà d’accordo non solo con te, ma anche con qualcuno avente un’opinione opposta alla tua, e allo stesso tempo! I Finlandesi non sono noti per difendere quello in cui credono, e accettano passivamente tutto ciò che accade e si presenta nella loro vita. Discutendo di queste caratteristiche, un mio amico mi chiese: “Quando è stata l’ultima volta che hai visto un finlandese in televisione per aver fatto qualcosa di grande?”. La mia risposta fu “Mai”. Volevo davvero vivere con persone che non mi avevano aiutato nel momento più difficile della mia vita? Tutto ciò che accadde e il loro comportamento fecero subito senso quando un mio amico Finlandese disse “Noi non aiutiamo gli amici perché non siamo invadenti”. Sia chiaro, i Finlandesi ti aiuteranno a traslocare, ti accompagneranno a ritirare un pacco, andranno insieme a te da qualche parte se hai bisogno, ecc., ma non faranno sentire la loro voce per te, non staranno dalla tua parte e non ti “copriranno le spalle”. Questo ovviamente non è valido per tutti i Finlandesi ma sono sicura, date le mie esperienze e quelle di molti miei amici stranieri, che ne descrive molti di loro.
Sono passati sei mesi da quando sono tornata in Italia e onestamente, non me ne sono mai pentita! La certezza di essere a casa, la sensazione di appartenere e la convinzione di far parte di un qualcosa. L’Italia è stata colpita duramente dalla pandemia del COVID-19. Abbiamo attraversato diversi mesi di totale lockdown, ma nonostante ciò, non mi sono mai sentita sola.
Quando iniziò la pandemia, un mio amico Finlandese mi mandò un messaggio dicendo “Sei così sfortunata a essere tornata proprio ora in Italia, il paese più colpito dal COVID-19”. Gli risposi: “Io mi considero fortunata e sai perché? Perché vivo in un paese dove le persone si prendono cura l’una dell’altra, si aiutano a vicenda, mostrano empatia e compassione verso le sofferenze altrui”. Gli dissi: “La mia vicina di casa ha settant’anni e mi chiede ogni giorno se io e la mia famiglia abbiamo bisogno di qualcosa. Succederebbe in Finlandia?”.
Lui rispose, “Probabilmente no”.
Per molto tempo pensai che la Finlandia potesse diventare per sempre la mia casa, ma la mia vita lì era come un sogno, dove le poche cose meravigliose oscuravano i molti tratti negativi di quel paese; Le situazioni che stavo vivendo avevano profondamente influenzato la mia personalità già di suo peculiare, facendomi chiudere un occhio su molti aspetti negativi.
Come introversa, pensai che la Finlandia fosse il posto perfetto dove vivere; ma anche un introverso deve sentirsi accolto, deve sentire un senso di appartenenza, vuole far parte di un qualcosa che vada oltre la propria persona. Un qualcosa chiamato comunità. Una comunità che trovai solo quando il mio cuore mi disse che ero tornata a casa.